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Saint Michel - Mont Mercure

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Storicamente Statua di San Michele 1Nella precedente puntata, dal titolo "Il Culto Micaelico tra i Longobardi", sono state fornite ampie argomentazioni atte a sostenere l'importanza della figura dell'Arcangelo Michele per il popolo Longobardo. Il medesimo fu proclamato loro patrono e protettore (dal VII sec), probabilmente, come informa il Barni, per il "carattere bellicoso; pronto ad intervenire con forza in caso di necessità, simbolo della carica aggressiva del popolo germanico." Inoltre, bisogna tenere in considerazione che "la sovrapposizione di San Michele a Mercurio avvenne non solo nell'Oriente mediterraneo ma anche in Gallia,

dove prese il posto di Lug e diede il proprio nome a molte alture, una delle quali porta tuttora il significativo toponimo di Saint Michel - Mont Mercure (pittoresca cittadina situata nel Dipartimento della Vandea, nella Regione dei Paesi della Loira). Lo stesso, sebbene in misura ridotta, si verificò in Germania; alcuni scavi condotti a Bad Godesberg portarono alla luce, sotto una cappella intitolata a San Michele, i ruderi di un tempio dedicato a Wotan). Per la Chiesa la figura dell’Arcangelo suddetto fu "garanzia dell'impegno nell'eliminazione delle ultime resistenze del paganesimo; raffigurava al meglio l'unità dei Longobardi e la forza del loro regno." Un'altra attenta analisi viene offerta dal Guerrini: <<Dove sovrasta un pericolo, di frane montane o di straripamenti di fiumi e torrenti, dove sorge un castello, una rocca di difesa militare, i Longobardi hanno eretto una cappella o una memoria all'Arcangelo.>>
Gli studi appena citati possono essere rapportati al nostro territorio, in particolare ai Monti della Tolfa, dove notevole fu la presenza di detta popolazione: ciò testimoniato sia dal ritrovamento di tombe nell'area di "Costa Lombarda" (vedi toponimo Lombardo di derivazione Longobarda) che presso l’Abbazia Benedettina di Piantangeli, non troppo distante da Monte Sant'Angelo. Quest'ultima località è sita a circa 4 km a nord di Allumiere; "alle falde settentrionali del Monte si trova il fontanile omonimo." Sulla cima del colle venne eretta una Chiesa medievale e, nel tempo, la folta vegetazione ha parzialmente nascosto "le strutture a blocchetti regolari in pietra locale. La dedica all'Arcangelo Michele dipende, oltre che dalla notevole influenza che su queste zone ebbero la cultura longobarda e l'Abbazia di Farfa, mediante il controllo esercitato sulla comunità religiosa ivi insediata e sul relativo borgo (del quale il Cola ha individuato alcuni tratti delle mura difensive) della detta, vicina Abbazia di Sant'Arcangelo a Monte Piantangeli. La medesima nacque probabilmente come prosecuzione del nucleo residente nella grande villa romana posta alle pendici del monte, ricordato in un documento del 1201 come <<castrum Casagnelis>>, donato con il relativo territorio dall'abate Paltone e dai monaci di Sant'Arcangelo alla città di Corneto <<ad pacem et guerram faciendam>> (sono esclusi il diritto di praticare la caccia, l'uccellagione e di riscuotere le imposizioni dominicali). L'accordo venne fatto giurare a tutti gli uomini del castello di età superiore ai quattordici anni."
Monte Piantangeli, citato poche righe fa, è situato a circa 6 km a Sud - Ovest dell'abitato di Civitella Cesi e domina "tutta l'ampia località chiamata Costa del Marano, la valle del Mignone e il Passo di Viterbo." Conosciuto anche con il toponimo "Pian d'Angelo". Anche in questo caso, dunque, il riferimento va all'Arcangelo Michele. "Sul vasto pianoro con cui culmina il monte, poco lontano da un santuario etrusco, rinvenuto e scavato nel 1955, venne fondato un monastero (X secolo), ad opera dei Benedettini. L'intitolazione a San Michele dipese senza dubbio da due circostanze: il luogo si trovava lungo il confine con il territorio rimasto per molti secoli in mano longobarda e quel Santo era considerato uno, se non il principale, dei protettori dell'Ordine Benedettino. Al 1061 risalì la prima menzione di un castello, affiancato all'Abbazia e circondato dal borgo che si era andato creando lì col tempo. Assieme a Monte Monastero, con il quale era in contatto visivo, S. Giovenale, Rota, Alteto e altri ancora, faceva parte di una catena di insediamenti fortificati (il più delle volte occupanti precedenti siti etruschi), posti su entrambe le rive del Mignone, che fu trasformato presto in limite tra i territori tolfetano, viterbese e cornetano. Coinvolto in numerose guerre, il centro di Sant'Angelo venne progressivamente abbandonato a seguito di eventi calamitosi, come la grande peste del 1348 ed il violento sisma dell'anno successivo. Nel 1356 il vescovo di Viterbo Niccolò tentò di reinsediarvi una comunità di religiosi, ma senza alcun esito. Attualmente, oltre a vari resti delle murature dell'abitato, nascoste in parte dalla vegetazione, sono visibili le rovine della chiesa abbaziale, a tre navate e altrettanti absidi, costruita in blocchetti squadrati di pietra locale. Per giungere sul posto si percorre una carreggiabile, mantenente il tracciato di una strada antica, riusata nel Medioevo." Tale strada prende il nome di Passo di Viterbo ed era "uno dei pochi punti in cui il Mignone fosse guadabile e dove si potesse costruire un ponte, per la relativa vicinanza alle sponde e la loro solidità. Localmente permetteva di collegare in modo rapido i due grandi insediamenti di S.Arcangelo (Monte Piantangeli) e Monte Monastero, rispettivamente sulla riva sinistra e destra del fiume. Lo prova l'ordine di riscossione di decima sessennale del 1280 (tassa decisa da Gregorio X nel Secondo Concilio di Lione il 24 giugno 1274, <<Pro Terre Sancte>>, cioè per finanziare le Crociate, e pagabile in sei anni, divisa in 12 rate) dato dal collettore papale ad un suo sottoposto: <<Item dedi Francisco, quando ivit ad abbatem S.Archangeli et ad Montem Monasterium pro fracto decime X sol. papar. Item dedi cuidam nuntio qui ivit ad citandum abbatem S.Archangeli et priore S.Martini de Cerqueno et clericos Montis Monasterii.>> La strada transitante per questo Passo manteneva un tracciato etrusco, che da Grotte Pinza si dirigeva a San Giovenale ed a Blera.

Fonti Bibliografiche:

"Caere e il suo territorio da Agylla a Centumcellae" a cura di Antonio Maffei, Francesco Nastasi; Roma - Poligrafico e Zecca dello Stato; 1990
"Dictionnaire d'Archéologie Chrétienne et de Liturgie" a cura di Fernand Cabrol, Henri Leclerq; Paris; 1932.
"I Monti della Tolfa nella storia: itinerari storici" di Giuseppe Cola; Pro Loco - Tolfa; 1985.
"La Margarita Cornetana, regesto dei documenti" di Paola Supino; Roma; 1969
"I Monti della Tolfa nel Medioevo" di Federico  Tron; Gar - Roma; 1982.
"Frammenti di Forum Ware e di Vetrina sparsa del Lazio settentrionale" di S. Coccia; 1986.
"Le sedi umane abbandonate nel Patrimonio di S. Pietro" di Simonetta Conti; Firenze - Olschki; 1980.
"Registrum Cleri Cornetani e il suo contenuto storico" di Francesco Guerri; 1908.
"Recenti scoperte archeologiche nel territorio di Tolfa" di Angelo Stefanini; Roma; 1966.
Bastianelli 1942;
"Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV" a cura di Giulio Battelli; Latium; Città del Vaticano; 1946.
"Il Territorio tolfetano nell'antichità" di Salvatore Bastianelli; in <<Studi Etruschi>>; 1942.
"La Toponomastica Archeologica della Provincia di Roma" a cura di Stefano Del Lungo; Vol. II; Roma; 1996; pagg. 179; 181; 257.

Foto: fonte www.wikipedia.org

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