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L'invasione Longobarda alle porte

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Storicamente-LongobardiL’ondata Longobarda stava travolgendo la penisola italica. Popolazione nomade di origine germanica stanziata nel basso corso dell’Elba che, con movimento migratorio iniziato nel II secolo, raggiunse il bacino del Mediterraneo (VI secolo). Centocelle temette il peggio alla notizia dell’arrivo degli invasori che avanzarono nella regione romana per impadronirsi di Roma e così, secondo i loro schemi, coronare il sogno di conquista dell’Italia. Si avvicinarono depredando castelli e cittadine, “senza sfiorare la nostra città”. A tal proposito, è opportuno citare Paolo Diacono, autore della “Historia Langobardorum”, il quale non nomina Centocelle nelle scorrerie perpetrate all’interno del territorio romano. A ciò pensa l’Annovazzi, possibilista sulla permanenza degli invasori sul nostro.

“L’Annovazzi si compiace a narrare come la città passasse al Papa, quando si distaccò dal governo bizantino. Dove rimane il posto per il governo Longobardo? Egli stesso descrive il saccheggio dell’esercito del Re Liutprando, sono ben noti i luoghi del suo passaggio, battendo egli stesso la via che da settentrione arriva a Roma”. (Vi sono tracce del medesimo sia per il ritrovamento di tombe in tempi recenti che per l’uso comune, fino allo scorso secolo, di nomi propri di origine longobarda, come Adalinda ed Aldo). Gli stessi non venivano dalla Maremma ma, seguendo le orme di altri, percorsero le vie del Soratte e del Cimino, la Cassia e la Claudia. Del passaggio nelle aree del Soratte, i primi ad accorgersi della presenza nemica furono i monaci benedettini ivi stanziati. Benedetto, uno di loro, descrisse la violenza di cui erano portatori, sia nell’aspetto che negli atti. Dalla cronaca da lui diffusa, si evince che “nell’anno 749, Astolfo, Re dei Longobardi, di là proseguì pel territorio romano, procedendo egli con le sue forze maggiori verso Roma; di queste distaccò una parte, e sotto il comando del Duca Grimoaldo la inviò su Centocelle, per impadronirsi di questa città, chiave delle comunicazioni fra Roma ed il mare, o per impedire almeno che i Romani potessero trarne soccorso od avervi rifugio”. Tale proposito non trovò strada di realizzazione: la città resistette agli attacchi, poiché Papa Gregorio III diede il via ai lavori di manutenzione delle mura, che si presentavano diroccate, con appositi lavori di restauro (740). L’assedio sembrerebbe non essere andato a buon fine e il Duca suddetto fu chiamato d’urgenza dal Re, per difendere il regno dall’imminente invasione Franca. 

 

Alcune informazioni sono state tratte dall’opera di Carlo Calisse “Storia di Civitavecchia”, Vol. I, Atesa Editrice, Bologna 1983, Cap.V, pp.54-55, Parte I.

Foto: fonte http://www.liutprand.it/articoliPavia.asp?id=51  

 

 

 

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