I Vescovi e le prime Tombe cristiane

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Storicamente-Papa Simmaco-MosaicoLa Chiesa ebbe non pochi problemi, tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, per quanto concerne l’ordine che si cercava di imporre sulle popolazioni. Allora ne erano annoverrati principalmente due: il primo riguardava la diffusione a macchia d’olio dell’eresia ariana, portata in Italia dagli Ostrogoti: prima, con la breve dominazione di Odoacre che aveva posto fine alla successione degli Imperatori di Roma (476 d.C.); dopo, con il lungo e prosperoso regno di Teodorico, giunto nella penisola italica in rappresentanza dell’Imperatore d’Oriente. Il secondo problema era inerente i contrasti che spesso avvenivano in occasione delle elezioni del Pontefice, in grado di causare frequenti e gravi disordini. Per fronteggiare tali situazioni venivano fatti degli appositi Concili a Roma, ma anche altrove, dove venivano menzionati i nominativi dei Vescovi.

 Tra i sottoscrittori degli atti del Concilio convocato a Roma da Papa Felice III (487 d.C.) emerge quello di Pascasio, l’allora Vescovo di Centocelle; seguì Molense, nome ricorrente tra i documenti dei Concili romani del 499 e del 501, anno in cui Papa Simmaco (ricordato per la lotta contro Lorenzo, quest’ultimo definito l’Antipapa) tentò di porre riparo al pericolo di scisma, “assicurando contro simonie e violenze la nomina papale”. Nel 531 d.C. si ha memoria di un Vescovo centocellese, un certo Caroso, il quale sottoscrisse gli atti conciliari “per questioni  specialmente concernenti la disciplina ecclesiastica; fu convocato in Roma da Bonifacio II”. Un’ulteriore manifestazione della vita cristiana è stata possibile reperire attraverso il rinvenimento di iscrizioni sepolcrali, ritornate alla luce in differenti occasioni e da varie parti della città, come dagli spurghi del Porto, tra le macerie delle vecchie mura, dalle campagne circostanti ed anche dove fu costruita la polveriera. Tra le più antiche è annoverata qualla interna al sepolcro di Giulia Apronia (prima metà IV secolo), morta a 30 anni dopo ben 16 anni circa di matrimonio. Si tratta di un’iscrizione cristiana recante la formula “dorme in pace”, ma si distingue da altre successive, poiché viene utilizzato il nome personale del defunto, senza l’altro gentilizio, ma anche la formula più tardi consueta assumerà dei mutamenti: “qui riposa in pace”, preceduta dal segno della croce. In tale modo si presentano quelle sulle altre tombe. In alcune è riportata la data consolare, come quelle di Benedetta, sotto il Consolato di Flavio Pietro (516 d.C.) e di Vulifara, dell’anno sedicesimo, dopo il consolato di Basilio (557). Il nome della donna sembra di origine barbarica e fa pensare a qualche famiglia ostrogota rimasta a Centocelle. Sempre alla medesima data, risale un’epigrafe posta sul sepolcro di Giusta, vissuta per circa 70 anni. In alcune non è presente l’indicazione temporale, ma sicuramente sono del VI secolo, probabilmente della prima metà, per i caratteri e lo stile della scrittura funeraria. Ne ricordiamo una che venne posta sopra la tomba di Apollonio, morto a 70 anni e sepolto vicino a sua moglie Dulcania, con la quale aveva vissuto per ben 40 anni. Ma vicino c’era altresì sua nipote, una certa Pascasia, di 18 anni, convolata a nozze da 9 mesi, e fu dai genitori, lasciati in sempiterno lutto, posta sul petto dell’avo, affinché insieme avessero pace.  

Alcune informazioni sono state tratte dall’opera di Carlo Calisse “Storia di Civitavecchia”, Vol. I, Atesa Editrice, Bologna 1983, Cap.IV, pp.41-43, Parte I.

Foto: fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Simmaco

 

 

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