I festeggiamenti patronali

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Santa Fermina Santino 1Nel lungo viaggio di Padre Jean-Baptiste Labat, abate Domenicano francese, è presente una lunga descrizione di Civitavecchia con dettagli su porto e città. In questa puntata della Rubrica STORICAmente, ci soffermiamo sui festeggiamenti in onore di Santa Fermina. L'autore ci riferisce che la Santa nacque "nelle vicinanze di Civitavecchia e fu martirizzata per la fede, è Patrona della Città e protettrice particolare

delle Galere. Ha una Cappella molto bella nella nostra Chiesa, una ricca argenteria, ornamenti magnifici e numerosi. La nostra Chiesa le è infinitamente debitrice: sono le elemosine che le galere le hanno fatto ad averla costruita per la maggior parte e ad aver provveduto a tutta la spesa del portale." Quando il Labat parla di “nostra Chiesa” fa riferimento a quella di Santa Maria ( Chiesa matrice dei Padri Domenicani; integra fino al Secondo Conflitto Mondiale, ndr ), dove egli stesso fu ospitato ( 1710 - 1716 ). Il nostro Jean-Baptiste ci informa: “Tutti i cittadini parteciparono alla festa; c'erano anche i Mercanti Forestieri e vi fecero una specie di Fiera.” Anche se sono trascorsi ben tre secoli da questa descrizione, ancora oggi, in occasione della Fiera del 28 aprile, arrivano qui a Civitavecchia commercianti forestieri. I festeggiamenti iniziano sin dai primi giorni del mese, con varie attività di carattere culturale, sportivo e religioso.

Dato che in questo momento il Labat è vicino alla mia scrivania, ne approfitto per un'intervista, in modo tale che i nostri lettori possano riscoprire alcune tradizioni andate perse. Sarebbe cosa buona quanto interessante ripristinare tali eventi in occasione dei futuri festeggiamenti patronali.

Mi dica, chi partecipò a quell'evento?

<<Arrivarono Ciarlatani, Astrologi e in generale chiunque poté servire ed onorare la Festa e divertire il pubblico.>> Per il 28 aprile anche noi facciamo una Fiera, vengono allestiti stand gastronomici e ludici, arrivano madonnari per disegnare a terra, con gessetti, delle immagini sacre. Ci sono tantissimi venditori in regola ma anche altri abusivi, quest'ultimi li riconosci con i loro inconfondibili "bazar", anche a terra, che colorano la festa. 

All'epoca, come affrontaste le spese organizzative?

<<I Magistrati fecero, come tradizione, una questua nella città per le spese.>>

La Chiesa di Santa Maria si preparò ai festeggiamenti?

<<Questa festa la vidi per ben due volte, quell'anno fu la terza, ma l'emozione fu decisamente maggiore. C'erano addobbi di damasco rosso con larghi galloni e frange d'oro. L'altare di Santa Ferma era colmo di una ricchissima argenteria. I primi Vespri furono cantati su musica eccellente, con un complesso di Roma. Dopo ci fu la Processione: in testa le tre Compagnie di Penitenti con fiaccole di cera bianca, poi la Comunità di Francescani, detti Conventuali.>>

Mi può descrivere la statua della Santa?

<<Aveva vesti ricche ed era ornata di pietre, queste furono prese in prestito dalla nostra priora.>>
 
In che modo continuò la Processione?

<<La reliquia fu portata dal Priore e, appena giunta in Darsena, tutti la salutarono, perfino i cannoni delle galere. Udii tre scariche d'artiglieria, accompagnati ciascuno da un’altra di oltre cento mortaretti, con fanfare, trombe ed oboi. La guarnigione era schierata in ordine di combattimento a Piazza d'Armi, quella che voi oggi chiamate Piazza Calamatta. Agli ordini c'era allora il Maggior Bonauguri; furono fatte tre scariche. L'Alfiere salutò la Reliquia sventolando in aria la sua bandiera ed il cannone della città fece meraviglie. Non molto lontano, dalla Fortezza sentii scariche di mortaretti, cannoni e moschetteria.>>
 
Anche in serata organizzaste qualcosa?

<<La sera ci fu un Oratorio in musica, nella grande sala del Palazzo della Comunità. Sì, proprio dentro al Municipio. Lì fu accolto un poeta che declamò la vita, il martirio ed i miracoli di Santa Ferma.>>

Cosa accadde il giorno seguente?

<<Il buongiorno fu dato a suon di scariche di mortaretti e cannoni. Il Governatore Prelato venne in Chiesa, con due Visconti e due Camerlenghi in abito di damasco nero. Fu preceduto da trombe e Valletti Municipali e seguito da livrea. Ricordo bene che li ricevemmo alla porta e porgemmo loro l'acqua benedetta. Poi iniziò la Messa.>>

Dopo continuarono i festeggiamenti?

<<Sì, questi furono annunciati dal suono di tamburi. Da sopra la terrazza del Palazzo Apostolico, l'antica Rocca, furono gettate anatre ed oche. Un gruppo di Bonavoglia, di marinai e canaglie, si gettò in mare per recuperare gli animali. Il cattivo umore di chi mancava il colpo produsse scazzottate, ci furono nasi rotti e occhi pesti; alla fine tutte le anatre furono prese ed i cacciatori felici le portarono in trionfo alla bettola per mangiarsele.>>
 
Ci furono altre attività ludico-sportive?

<<Dopo ci fu la corsa delle Feluche, con piccole imbarcazioni a vela. In premio fu consegnato un drappo di damasco, lungo da quattro a cinque braccia, per quella che per prima rientrò nella Darsena. Quell'anno partirono tutte sotto la torre della Lanterna, dopo il colpo della petriera. Ci furono colpi bassi di alcuni partecipanti ed abbordaggi: remi rotti e scambi di colpi. Una Feluca di Malta vinse il drappo di damasco, quest'ultimo fu portato in giro per la città e venne consacrato a S. Ferma.>>

Con tutti questi giochi, manca solo il Carosello!

<<Siete voi che oggi non fate il Carosello, per noi era una tradizione. Giostre di anelli e di teste furono collocate nella strada o piazza di S. Giovanni. Il luogo prese il nome dalla Chiesa della Commenda di Malta. Per quell'occasione la piazza fu cosparsa di sabbia, c'erano palchi contro i muri, aperti ed a pagamento. Le finestre erano ornate con tappeti e coperte. All'estremità del campo, una loggia si presentò tappezzata e coperta di damasco. Questa ospitava i Visconti ed i Camerlenghi in abito da cerimonia, come Giudici di Torneo. In un'altra loggia, c'era la Marchesa Ortensia Rondanini, che avrebbe dovuto consegnare il premio al vincitore: una spada d'argento. Furono formati due gruppi: "i Cavalieri della Forza" ed "i Cavalieri dello Spirito". I colori dei primi erano il verde ed il blu, per stemma un torrente che trascinava un baluardo con queste parole "Sormonto dell'ingegno ogni riparo." I colori dei secondi erano il rosso ed il bianco, come stemma avevano un cannone con questo motto "Con poca polve ogni più forte atterro." In testa ad ogni squadra c'era un Maresciallo di Campo, poi il Padrino ed infine i Cavalieri a due a due. I Marescialli di Campo salutarono Giudici e Dame, controllarono il campo per vedere lo stato in cui versava e si recarono alla "Loggia delle Dame" per sapere da loro quale delle due squadre doveva entrare per prima, avere la destra e cominciare le corse. Furono letti gli articoli che regolamentavano il torneo e, subito dopo, iniziarono le corse: prima quella dell'anello, poi quella delle teste. Quest'ultima era conosciuta come giostra del Saracino. Ogni cavaliere doveva correre tre volte e, passando a tutta briglia, portar via con una lancia una testa di cartone che era su un palo. Queste corse furono fatte con la spada e chi riportò più teste fu condotto dal suo Maresciallo di Campo e Padrino alla "Loggia dei Giudici" per l'aggiudicazione del premio, allora consegnato dalla stessa Marchesa Rondanini.>>  

Alcune delle informazioni sono tratte dal volume "I viaggi del Padre Labat dalle Antille a Civitavecchia 1693 - 1716: alla riscoperta di un Domenicano francese innamorato degli italiani di Jean Baptiste Labat"; introduzione e traduzione di Francesco Correnti e Giovanni Insolera - Officina Edizioni, Roma, 1995, pagg. 285 - 289.

Illustrazione tratta da www.naviearmatori.net

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