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Il porto, la darsena e l'acquedotto

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Storicamente-2-DipintoDalla villa di Traiano, posizionata in un punto alto, era possibile vedere la grande distesa di mare, chiusa da un lato da Capo Linaro e verso ponente dal grande arco di spiaggia fino al promontorio dell’Argentario. L’imperatore Traiano ebbe un’intuizione sensazionale: capì che in questo luogo, Roma poteva avere il suo porto. Per quei porticcioli che davano sullo sbocco del Tevere, realizzati con ingenti spese ed artifici,

fu difficile riuscire a mantenersi in buone condizioni, poiché erano soggetti a continui insabbiamenti dovuti al fiume torbido che finiva per trasformare gli stessi in stagni e terreni paludosi. Per far fronte a questi continui problemi, l’Imperatore pensò bene di farne uno a Centocelle (inizio lavori 107d.C.). Plinio il Giovane racconta che dalla suddetta villa imperiale era possibile vedere il susseguirsi dei lavori atti a costruire il nuovo porto; il molo a sinistra già si vedeva compiuto e saldo, mentre il contrapposto era in fase di costruzione. Sull’apertura, dinnanzi ai due, le acque si mostravano rotte dal sorgere in esse dell’isola, che aveva la finalità di porsi come barriera contro il mare e, al contempo, a difesa dello stesso scalo. Numerose erano le imbarcazioni che trasportavano enormi massi che, a loro volta, venivano fatti cadere uno sopra all’altro come base per costruzioni e le onde, con la bianca spuma, ne disegnavano la linea. Plinio racconta con testuali parole: “Col tempo a tutti sembrerà che là si sia formata naturalmente un’isola; ed a tutti, questo porto sarà di utilità massima, poiché altro simile per lungo tratto la spiaggia non possiede”. In queste parole è espresso tutto lo stupore e la meraviglia suscitata in lui dinnanzi al nascente porto e, come una sibilla, fa intendere, neanche troppo velatamente, che tale infrastruttura sarà di grandissima utilità, poiché non ve ne erano di simili in quelle zone. All’interno, nell’angolo dove da terra finisce il molo di ponente, fu costruita l’entrata di un porto minore, luogo di sosta per navi in disarmo ed imbarcazioni, atto a dar loro riparo dalle mareggiate. Tale luogo, fu chiamato successivamente Darsena: porticciolo di forma rettangolare, chiuso per ogni lato da mura, tranne per l’uscita che dava sul maggiore. Lì, le acque erano più calme rispetto le tempeste e le burrasche che potevano abbattersi sul mare aperto. Un tempo vi erano vasti edifici, frammenti di statue: nel Museo Etrusco-Gregoriano (Vaticano) è infatti conservato il braccio in bronzo di una statua colossale di Nettuno, che si appoggia sopra un delfino, del quale si vede ancora un pezzo di coda. Il ritrovamento risale al tempo di Papa Gregorio XVI (durata pontificato 1831-1846; recupero di cui sopra avvenuto nel 1834). Inoltre, furono ritrovati tronchi di colonne, fregi marmorei, monete ed iscrizioni a testimonianza del fasto imperiale e dell’antica ricchezza che anche qui si diffuse. In passato quando si dava in appalto la ripulitura della Darsena, venivano stabiliti gli obblighi dell’appaltatore anche qualora fossero stati rinvenuti oggetti antichi. In concomitanza della realizzazione dell’area portuale sorsero quelle strutture necessarie per favorire “l’alimento e i vari usi del popolo” che, col passare degli anni, si apprestava a crescere numericamente.  Fu realizzata una fondamentale opera di edilizia pubblica per portare l’acqua giù dai monti, successivamente denominati di Allumiere, ed è così che sorse l’Acquedotto romano, per secoli rimasto ad uso della locale popolazione, fatto erigere da Traiano. Su alcuni frammenti di tubi di piombo per la conduttura di acque sono state ritrovate iscrizioni che si riferiscono in modo inequivocabile all’Imperatore. 

Alcune informazioni sono state tratte dall’opera di Carlo Calisse “Storia di Civitavecchia”, Vol. I, Atesa Editrice, Bologna 1983, Cap.II, pp.19-22, Parte I.

Foto: “Veduta del Porto di Civitavecchia” di Pieter Moninckx,pittore olandese paesaggista appartenente alla corrente “Italianates” (dati opera: anno 1660 circa; acquerello su penna ed inchiostro grigio; 18,1 x 34,29; conservato al “J. Paul Getty Museum”, Los Angeles). Fonte: http.//www.getty.edu/art/gettyguide/artObjectDetails?arobj=256779&handle=li   

 

 

 

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