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Armi di diffusione del pensiero; Pasquino, precursore dell'attuale libertà di StampaIntorno al XIV secolo, esponenti del popolo romano diffusero il generale malcontento in un modo anticonvenzionale: allora non c'era la libertà di stampa, quindi, per evitare di scontare pene e sanzioni, diedero voce ad alcune antiche Statue, al fine di esternare accuse, talvolta anche ciniche, verso l'autorità precostituita. Componimenti anonimi, scritti in latino o talvolta in romanesco, venivano lasciati di notte vicino a questi statici "portavoce", cosicché la mattina seguente il popolo leggeva quanto era stato scritto. Tali messaggi erano diretti al governo, ai poteri forti ed ai Papi. Questi ultimi non gradivano dette "voci"; tant'è che Adriano VI tentò di distruggere “Pasquino”, altri successori tentarono più volte di "imbavagliarlo" facendolo sorvegliare da guardie armate, ma le pasquinate aumentarono in modo vertiginoso. Molto probabilmente gli autori di quegli epigrammi non appartenevano a classi sociali umili, ma a famiglie illustri e sicuramente istruite, poiché da questi brevi scritti emergeva la conoscenza anche della lingua latina e l'abilità nella realizzazione di componimenti, talvolta altresì con rime. Statue Parlanti di Roma Tra le suddette, l’unica femmina è "Madama Lucrezia" di Piazza San Marco, conosciuta per essere stata l'amante di Alfonso V d'Aragona, il Re di Napoli. Poi c'è l'imponente "Marforio", considerato la spalla di Pasquino per i numerosi dialoghi a due. Egli ha una lunga barba, il fisico scultoreo e fattezze di una divinità che ricorda vagamente Oceano, ma da decenni se ne sta ritirato ai Musei Capitolini. A seguire, c'è il giovane "Facchino" di Via Lata, un acquarolo che tra le mani regge una botticella da cui esce l'acqua; un altro che sguazza sempre in quest’ultima è il "Babuino", un sileno il cui volto è talmente rovinato che viene associato ad una scimmia; ma il popolo era talmente affezionato allo stesso che la strada è stata a lui dedicata. Altro componente è "Abate Luigi"; a vederlo sembra un magistrato romano con quella tunica senatoria, ma qualcuno gli diede quel nome in ricordo di un sagrestano della vicina Chiesa del Sudario. Dulcis in fundo, abbiamo il citato "Pasquino" che se ne sta nella sua Piazza. Considerato appunto il precursore della libertà di cui in apertura, con voce ironica e tagliente diffonde il malumore generale interpretando i fatti che accadono e le decisioni dei Pontefici. Non è un rivoluzionario, ma si limita ad essere una sorta di "stampa d'opposizione" del Papato; egli è la mente lucida che emerge dal "Congresso degli Arguti". A lui sono dedicate tantissime pasquinate volte a sfidare e deridere chi governava Roma, allora come oggi, facendo trapelare il malcontento del popolo e lo sdegno per la corruzione di alcuni. Servizio esclusivo di Sara Fresi © Riproduzione riservata |
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