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Storia di un dramma verista

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Teatro-Traiano-Pagliacci-1Con “Pagliacci” di Leoncavallo rivive a Teatro il melodramma ottocentesco

CIVITAVECCHIA - “Pagliacci”, opera lirica divisa in due atti su ispirazione di Ruggero Leoncavallo, che vide la sua prima al Teatro del Verme a Milano il 21 maggio 1892, con la direzione del Maestro Arturo Toscanini. A distanza di 121 anni, si ripresenta con grande attualità in un evento finanziato dalla Fondazione Cariciv. E ieri sera, al Teatro Traiano, è andata in scena la reale storia di un dramma verista. L’opera è ispirata ad un fatto realmente accaduto a Montalto Uffugo,

 paesino della Calabria. A quel tempo, il compositore Leoncavallo era assai giovane e suo padre, noto magistrato, diede atto al processo che portò alla condanna di un delitto, consumato nel mese d’agosto, nel mezzo di una festa paesana colorata da saltimbanchi, maschere: l’omicidio per mano di un pagliaccio, che aveva nutrito sospetti di tradimento della moglie Nedda. Il dramma vissuto dentro e fuori la scena, vede la trasformazione del sentimento d’amore, se non possessione, di Canio nei confronti di Nedda, fino a sfociare in gelosia ed ossessione in grado di far perdere quella normale lucidità di cui l’uomo, a differenza degli animali, è portatore. Pagliaccio/Canio afferma sulla scena: <<Il teatro e la vita non sono la stessa cosa. La mia maschera ha pagato, ma io?>>. Quest’opera si colloca all’interno di un epoca in cui l’Italia, dopo lotte cruente e rivolte popolari, ha visto l’impresa dei Mille realizzarsi nella fase ultima verso l’Unità d’Italia per volere di Vittorio Emanuele II Re di Sardegna, ma non dello Stato della Chiesa e dei Borboni regnanti delle Due Sicilie. Un periodo segnato dallo sviluppo economico dell’Italia Settentrionale a danno del meridione, prima d’allora assai più fiorente. Ed è proprio in tale contesto che si affacciano avanguardie e correnti letterarie-musicali-artistiche che ritraggono vicende circoscritte a regioni, attraverso analisi scientifiche, reali e veritiere della società all’interno della quale vivono, ed a volte sopravvivono i protagonisti, i quali confluiscono nelle correnti. Società così ben rappresentata come dall’altra grande opera tradotta nel linguaggio musicale, che è la “Cavalleria Rusticana” di natura verghiana. Questa è anche l’epoca di giovani, più o meno benestanti, che vivono una vita da boheme, a tratti dissipata e con una marcata impronta critica nei confronti della società, che vengono identificati all’interno della Scapigliatura; ove troviamo artisti come Ponchielli, Puccini, Dossi e lo stesso Leoncavalli, a metà tra il Verismo e la Scapigliatura medesima.

 

Servizi e foto di: Sara Fresi

 

 

 

 

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